La video-narrazione: Serie TV e oltre
17 gennaio 2012, di Necos
 

La conoscenza visiva contemporanea è primariamente contrassegnata da quella mediale. Gran parte delle nostre vite, infatti, è vissuta in ambienti a elevato indice di “medialità”, veri e propri media-mondo, dove caliamo le nostre esistenze, uniformando la quotidianità con i momenti mediali, componiamo relazioni fluenti e (in)stabili, compartecipiamo alla costruzione di un immaginario ogni volta più connesso alle nostre realtà e condiviso in una vasta rete di connessioni, plasmiamo nuove culture mediali.

L’ambiente in cui ci spostiamo è caratterizzato da un doppio cammino, rappresentato dalle opportunità schiuse dal digitale, districandosi tra le forme di costruzione di immagini artificiali e tra le azioni di riflessione sulle stesse. Da una parte individuiamo una notevole capacità di elaborazione delle immagini manifestata tramite pratiche di costruzione e rielaborazione; Dall’altra scorgiamo inconsueti luoghi di fruizione divenuti esperienziali grazie a un’aggiornata comunicazione sensoriale. E proprio in questo contesto si può affacciare un nuovo tipo di serialità: un formalismo visivo che avvia nuove intelaiature narrative.

Le peculiarità sostanziali di ogni manifestazione seriale (atteggiamenti, prodotti materiali e simbolici) sono numerosità, similarità e ripetizione, ritorno del già noto, continuità attraverso regolari cadenze temporali. In realtà il termine frammentazione, che funge da sottotesto alla materia seriale, può avere più spiegazioni possibili. Se da una parte abbiamo la narrazione a puntate in senso stretto, cioè la classica diegesi rimandata, specifica della serialità rappresentativa, dall’altro lato ci imbattiamo in nuove strategie, tipicamente (post)moderne, di scomposizione narrativa; vale a dire una serialità che appare come iterazione, scomposizione e schizogonia. Risulta evidente come in questa seconda anima convergano le possibilità messe in atto dalle nuove tecnologie digitali e dai nuovi media.

Come si comporta, allora, la produzione culturale contemporanea nei confronti dei processi audiovisivi? E in particolare quali sono le nuove istanze della serialità attuale? Vediamo solo un ritorno al passato? L’imitazione di uno stile già morto? Oppure si sta instaurando una nuova estetica capace di produrre un nuovo prodotto culturale?

Quello che contraddistingue la spettacolarità delle modalità culturali più recenti è la loro collocazione storica, poiché si pongono alla fine di un lungo periodo che ha visto lo sviluppo e la proliferazione di media visivi legati a tipi diversi di riproducibilità. Nell’odierno contesto di produzione, caratterizzato dai processi digitali e dalla loro continua emancipazione, è presente un grande interesse per le rappresentazioni di secondo grado, che potremmo chiamare serialità 2.0. Sembra che la narrazione computerizzata non guardi tanto più al mondo reale, quanto a tecniche mediatiche già esistenti: forme precedenti, generi e opere costituiscono il punto di riferimento e il retroterra cui attingere per copiare, al fine di mettere in atto pratiche di manipolazione e ricombinazione. Diviene, perciò, sempre difficile individuare pratiche culturali di massa che non si riferiscano in qualche modo a stili e forme del passato. Ma proprio il modello precedente deve funzionare da trampolino di lancio per la definizione di nuovi prodotti seriali, che si rifanno all’ambiente in cui nascono, crescono e si sviluppano. Ci imbattiamo, così, in prodotti audiovisivi assolutamente nuovi, fruibili sia attraverso la televisione sia attraverso il cinema e soprattutto attraverso la rete, emblema delle modalità culturali video-digitali.

Per fare degli esempi concreti, da una parte troviamo un filone che si inscrive in una tradizione estetica di spettacolarità e fantasia basata su sensazioni fisiche e sbalordimento che possiamo oggi riscontare in prodotti seriali come C’era una volta, Falling skies, The walking dead in ambito televisivo, e Spider-Man, Harry Potter, The dark knight rises in ambito cinematografico. Al lato opposto ci imbattiamo in una serialità che possiamo ricollegare a un’estetica realistica, caratteristica di serie-TV quali C.S.I., Dr. House, Lie to me e film come Film Blu, Film Bianco e Film Rosso o il progetto Heimat.

Certo è che il prodotto seriale ha vissuto sin dalla sua nascita forti contrasti nell’ambito degli studi intellettuali: considerato spesso come merce di serie B, etichettato come narrazione di genere (o meglio di “macrogenere”), in realtà l’universo della serialità è in continua crescita e ridefinizione di sé stesso. Possiamo, dunque, ritenere che sia solo un mondo modellato e imposto dalle case produttrici come fonte di proventi economici? La risposta sembra essere ambivalente, giacché se da una parte questa tesi può sembrare sicuramente vera, dall’altra risulta opinabile, data la qualità e la profondità di svariati prodotti seriali di rango decisamente elevato, diremmo di serie A. Non più, allora, solo una mera ragione di intrattenimento e divertissement per cine e teledipendenti fanatici dei replicanti, ma un vero e proprio campo stracolmo di risvolti autoriali tutti da scoprire e di drammaturgie ancora da inventare.

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