Qualche incongruenza sulla Simmel di Colleferro
10 ottobre 2007, di Dimitri Stagnitto
 

Ieri, mercoledì 10 ottobre, un grave incidente ha colpito la città di Colleferro, in particolare lo stabilimento della Simmel Difesa, un’azienda attiva da olte dieci lustri nella produzione di armi in Italia, per anni nella sfera BPD, quindi della FIAT e recentemente ceduta ad una società del Regno Unito. L’episodio è stato certamente grave, le vere dinamiche e responsabilità probabilmente non le conosceremo mai. Ciò che mi preme ricercare in questo articolo è come si comportano i mezzi di comunicazione, TG in primis, su un fatto del genere: Innanzitutto varie redazioni inviano qualcuno che, nel marasma generale, deve mettere su un pezzo di qualche minuto. L’incidente è appena accaduto e lo spettatore ha fame di informazioni, necessita emozionalemnte di sentirsi partecipe all’evento, una specie di voyerismo generalizzato nella popolazione. Assistiamo così ad una giornalista che, un pò impacciata, inizia a snocciolare dati e ci informa che la vittima ha 35 anni . In seguito gli anni diventeranno 3, fino a 32 da compiere il 4 novembre di stamattina. Altri errori si commettono sulla pronuncia del nome della vittima e, ovviamente, sulle prognosi dei feriti che cambiano in continuazione (nella prima intervista ad un medico dell’ospedale di Colleferro la stessa parla di una persona con ustioni sul 2% e oltre del corpo, il giorno dopo secondo le agenzie il più grave ha ustioni sul 5% e qualche frattura). Ma la vera chicca sta nei dati sull’azienda: esplode la Simmel, è ovvio che la prima fonte da spulciare è il sito della Simmel. In questo bel portalino di una manciata di pagine, si capisce subito che la comunicazione web non è il canale principale del businnes dell’azienda (e meno male, significherebbe vendita di munizioni di medio e grosso calibro al dettaglio), l’home page viene difatti utilizzata per parlare di cluster bombs: allegre scatole della morte che sparpagliano su un’area geografica definita un bel mucchio di piccole bombe adatte a restare lì qualche anno in attesa di giovani arti da dilaniare, e quindi contestate dai pacificsti e non solo. Ebbene, la simmel ci fa sapere di essere si in grado di produrle "soddisfacendo i requisiti di sicurezza inetrnazionali più avanzati", ma di aver sospeso la produzione dal 2000. Riassunto: le sappiamo fare, anche bene, ma non le facciamo più. Così alcunii giornalisiti "la fabbrica, da tempo al centro di una protesta per la produzione di cluster bombs, sul suo sito fa sapere di non averle mai prodotte e di averle anzi eliminate dal suo catalogo". L’incoerenza è lampante: le teneva in catalogo senza produrle?

In realtà la sensazione è che la "tradizione" per cui di certe cose è bene parlare con circospezione non si ferma solo alla politica: purtroppo ci si sente in dovere di evitare di beccare querele pure da fabbriche d’armi, del resto è solo morta una persona sul posto di lavoro, quel che conta è che il prodotto sia e resti aderente ai "più recenti standard di sicurezza".